Nell’ultimo articolo abbiamo visto due romanzi imperdibili per chi vuole scrivere: Uomini e topi di John Steinbeck e Il conte di Montecristo di Alexandre Dumas.
In questo voglio parlarvi degli altri due, ma prima di farlo ci tengo a ribadire una cosa importante a cui avevo già accennato: praticamente tutti i romanzi, i racconti e le opere con cui veniamo in contatto sono riprese o rielaborazioni di storie già raccontate.
Un caso senza dubbio eclatante e di cui pochissimi sono a conoscenza è quello dell’Otello di Shakespeare, che si ispira alla novella VII della III decade della raccolta Ecatommiti di Giovan Battista Giraldi Cintio, un letterato e drammaturgo ferrarese sconosciuto ai più.
A questo punto, probabilmente, vi starete chiedendo perché insista tanto su questo aspetto e come mai lo trovi così importante. Essere consapevoli che tutta l’arte è, in qualche modo, legata a ciò che viene prima e che nei romanzi contemporanei sono ancora presenti, ad esempio, topoi petrarcheschi o tratti mitologici ci permette di capire due cose:
- in un certo senso, tutto il flusso creativo fa parte di un unicum infinito che inevitabilmente ci influenza, sia che ne siamo coscienti sia che non lo siamo
- diventare consapevoli di questo meccanismo può toglierci un peso enorme: quello di doverci necessariamente confrontare con l’invenzione del nuovo. Ciò che in realtà ci serve per crescere come scrittori, ma anche come esseri umani, è misurarsi con il passato, con ciò che è stato fatto prima di noi.
E, inoltre, questa consapevolezza ci rende liberi di ispirarci ad opere che amiamo e che hanno fatto, nel nostro caso, la storia della letteratura. Questo non significa copiare o non avere spirito artistico, ma serve per imparare a riconoscere i nostri maestri e a fare nostre le lezioni che derivano da loro, per poi proseguire autonomamente sulla propria strada, aggiungendo a quanto abbiamo imparato dai maestri, il nostro punto di vista sul mondo.
Detto questo, passiamo agli altri due romanzi imperdibili di cui volevo parlarvi!
Il nome della rosa di Umberto Eco
Umberto Eco non ha bisogno di presentazioni: la sua produzione saggistica e narrativa parla per lui, quindi direi di andare direttamente al punto di questo discorso. Perché Il nome della rosa è un libro imprescindibile per chi vuole cimentarsi con la scrittura?
Prima di iniziare vorrei giusto ricordare che questo romanzo, pubblicato nel 1980, è stato tradotto in più di quaranta lingue e ha venduto più di cinquanta milioni di copie. Numeri straordinari che hanno reso questo lavoro non solo un best seller, ma addirittura un long seller, caso più unico che raro in Italia (insieme al Gattopardo).
Anche questa volta vi riassumo brevemente la trama: Anno Domini 1327. Guglielmo da Baskerville, frate francescano, e il suo allievo Adso da Melk, aspirante benedettino, vengono inviati presso un monastero sperduto tra i monti dell’Italia settentrionale per partecipare a un convegno che vedrà confrontarsi i francescani – sostenitori delle tesi pauperistiche e alleati dell’imperatore Ludovico – e i delegati della curia papale di Papa Giovanni XXII, da tempo insediato ad Avignone.
Una volta giunti al monastero, si trovano di fronte al primo di una serie di omicidi che, giorno dopo giorno, decimano i frati del monastero. Questi fatti preoccupano fortemente l’Abate, il quale affida a Guglielmo, famoso per le sue capacità deduttive e per il suo passato di inquisitore, il compito di trovare al più presto il colpevole, anche perché tra i monaci inizia a circolare l’idea che quella serie di morti siano un messaggio chiaro dell’imminente venuta dell’Anticristo.
Il romanzo di Eco è molto più di quanto appare a un primo sguardo. Non è solo un giallo inserito in una cornice medievale, ma condensa tra le sue pagine un’armoniosa convivenza di generi diversi, tra cui il romanzo storico, il romanzo di formazione e il trattato filosofico.
Tuttavia, il vero motivo per cui consiglio di leggere Il nome della rosa risiede nel fatto che il romanzo di Eco sia l’esempio postmoderno più eclatante di quanto vi dicevo in precedenza, ovvero che ogni libro contiene in sé altri libri, altre storie.
Leggendolo possiamo scorgere gli scritti di Sant’Agostino, la Bibbia e Aristotele, ma anche riferimenti a personaggi letterari del calibro di Sherlock Holmes, che si rivela sia nel metodo deduttivo utilizzato da Guglielmo per condurre le indagini, sia nella sua stessa provenienza, Baskerville, chiaro riferimento a Il mastino dei Baskerville, terzo romanzo di Arthur Conan Doyle ad avere Holmes come protagonista.
Gli elementi che più hanno attirato la mia attenzione, però, sono stati la struttura della biblioteca dell’abbazia e il personaggio di Jorge da Burgos, entrambi indicatori macroscopici della volontà di Eco di rendere omaggio a Jorge Louis Borges e alla sua poetica.
Jorge da Burgos, infatti, è accomunato all’autore argentino dalla cecità e dalla sua precedente professione, quella di bibliotecario, e l’idea borgesiana di biblioteca, tratta dal racconto La biblioteca di Babele, si insinua nel romanzo di Eco attraverso la struttura pentagonale e labirintica della biblioteca dell’abbazia e l’idea che la biblioteca sia lo specchio del mondo.
Il nome della rosa, come avrete capito, si può leggere a più livelli in base alle nostre conoscenze pregresse, ma per potere cogliere fino in fondo la grandezza di questo romanzo e tutti i suoi riferimenti storici, filosofici, religiosi e letterari, consiglio sempre di affiancarlo a uno o più testi di critica letteraria che analizzano il testo in profondità.
Alla ricerca del tempo perduto
L’ultimo romanzo di cui voglio parlarvi è Alla ricerca del tempo perduto, immenso – nel vero senso della parola – capolavoro di Marcel Proust. Se mi seguite da qualche tempo, saprete sicuramente che Proust è l’autore che più ammiro, a cui ho dedicato il mio dottorato di ricerca, e che vorrei fare conoscere a più lettori e scrittori possibili. Alla ricerca del tempo perduto non è un romanzo, ma la rappresentazione di un mondo definito nei dettagli più minuti; è lo sguardo raffinatissimo e profondo di Proust sugli uomini e sulla loro interiorità; è una moltitudine di frammenti che costituiscono un unicum senza pari; è la massima espressione della bellezza e perfezione stilistica. In due parole: sublime e inarrivabile.
Quando leggerete Proust avrete la consapevolezza che non potrete mai, in nessun caso, riprodurre una prosa tanto elegante e perfetta, né, probabilmente, raggiungere la stessa comprensione degli abissi umani. E forse, all’inizio, il confronto diretto con questo autore quasi alieno potrebbe spaventarvi. Tuttavia, leggere la Ricerca è il viaggio e il regalo migliore che potrete fare a voi stessi, soprattutto se volete scrivere. Perché Proust vi insegnerà a considerare con attenzione ogni parola che sceglierete, a pensare prima di esprimere il vostro pensiero, a ponderare giudizi e decisioni. Vi renderà, al tempo stesso, migliori e umili. E quando avrete finito di leggerlo, avrete la consapevolezza di non poterlo eguagliare, ma di potere chiedere a voi stessi più di quanto immaginavate possibile.
Prima di salutarvi, vorrei però aggiungere un’ultima cosa. Ho scelto di presentarvi come primo e ultimo romanzo di questa piccola ma indispensabile raccolta, due testi che sono decisamente agli antipodi: Uomini e topi e Alla ricerca del tempo perduto.
Il primo è breve, costellato di dialoghi, con un lessico e una sintassi semplici e diretti. Il secondo è il romanzo più lungo che sia mai stato scritto, è zeppo di riflessioni, rispetto alla sua mole conta pochi dialoghi e la cura per la forma è quasi maniacale. Non potrebbero essere più diversi, ma entrambi sono dei capolavori e sanno parlare ai lettori. Li ho scelti per voi e messi in contrapposizione per mostrarvi come si possa lavorare in direzioni diametralmente opposte e ottenere comunque risultati di rilievo. Questo per sottolineare che non esiste in assoluto un modo giusto o sbagliato di procedere – il che non significa ignorare le strutture del racconto o la norma grammaticale – ma che ciò che scriviamo può essere declinato in base alla nostra sensibilità e al tipo di lettore a cui vogliamo rivolgerci.
Scegliamo con cura le nostre letture e i nostri maestri, perché ciò che leggiamo diventerà – più o meno consapevolmente – un modello di quello che andremo a scrivere.
A presto.