Durante i miei studi ho imparato una cosa: i libri contengono sempre altri libri. Questo fatto incontrovertibile può essere più o meno evidente, ma nessun libro esisterebbe oggi, se non ce ne fossero stati altri prima.
Non si tratta solo di influenze involontarie, ma di vere e proprie riprese, di citazionismo, di rimodellazione dei testi.
Nel medioevo era cosa comune, anzi doverosa, per chiunque avesse una cultura elevata, citare e riproporre i classici latini. Se leggiamo Petrarca, infatti, non sarà difficile rintracciare gli scritti di Virgilio o di Ovidio, tanto per fare un paio di esempi. Come sarà piuttosto agevole intravedere le riprese dantesche, nonostante il tentativo del nostro Francesco di depistarci. E ancora, durante il Rinascimento e l’Umanesimo si sprecano i Canzonieri che omaggiano Petrarca, sia nei temi trattati che nelle forme stilistiche. Ve ne cito uno su tutti: Gli Amorum libris tres di Boiardo.
Nei secoli successivi le cose non sono cambiate, semmai si sono amplificate e i richiami, le riprese, gli omaggi, le manipolazioni sono rimaste salde, seppur perdendo il loro statuto di “obbligatorietà”.
La narrativa ha influenzato il teatro e il melodramma (il numero di opere liriche che si basa su riprese e riscritture di testi preesistenti è sorprendente), e il teatro ha influenzato il cinema.
Questo per spiegarvi, molto brevemente, e cercando di contenere il mio entusiasmo da comparatista per non annoiarvi troppo, che non esistono novità assolute, che tutte le storie sono già state scritte e che tutte le strutture narrative sono già state sperimentate ed utilizzate. E se questo da un lato può lasciare spiazzato chi ambisce a proporre un testo narrativo mai visto prima, può tranquillamente consolare tutti coloro che con l’innovazione hanno qualche difficoltà. Non è necessario inventarsi qualcosa di nuovo, ma si può e si deve rielaborare il materiale che già abbiamo a nostra disposizione per produrre qualcosa di originale e di nostro.
Cosa significa tutto questo? Che dobbiamo copiare ciò che è già stato fatto da altri? Ovviamente, no. Significa solo che non dobbiamo avere paura di scegliere e di confrontarci con dei modelli di qualità per imparare come si scrivere un buon racconto.
Quattro romanzi imperdibili per chi vuole imparare a scrivere
Per questo motivo ho pensato di consigliarvi quattro libri che ho amato moltissimo e che considero delle pietre miliari per chiunque voglia approcciarsi alla scrittura, tenendo come riferimenti dei capolavori indiscussi della letteratura mondiale.
I libri che ho scelto sono tutti molto diversi tra loro, proprio perché vorrei mostrarvi come sia possibile produrre un romanzo strepitoso nonostante le differenze di struttura e di stile.
Uomini e topi
Il primo libro libro che voglio sottoporre alla vostra attenzione è un romanzo John Steinbeck. Per chi non lo conoscesse, Steinbeck è un autore americano, vincitore del premio Nobel per la letteratura nel 1962. Il suo romanzo più famoso e il suo capolavoro indiscusso è Furore, uscito negli Stati Uniti nel 1939 e in Italia nel 1940, grazie alla lungimiranza di Vittorini. Tuttavia, non è di questo straordinario romanzo che voglio parlarvi, ma di Uomini e topi.
Uomini e topi uscì negli Stati Uniti nel 1937 e venne tradotto da Pavese l’anno seguente. Il motivo per cui questo romanzo può essere considerato un modello imprescindibile per qualsiasi aspirante scrittore risiede in tre elementi fondamentali: il linguaggio semplice e diretto, la struttura chiara e lineare, la potenza dei sentimenti che vengono messi in campo.
Vi riassumo brevemente la trama per comodità (no spoiler): George e Lennie sono amici da sempre. Lennie è un uomo robusto e forte, ma mentalmente è poco più di un bambino. George, al suo opposto, è minuto ma in gamba e, da sempre, si prende cura del suo amico, cercando di proteggerlo dal mondo, ma anche dalle sue stesse fragilità. I due condividono un sogno: comprare un piccolo appezzamento terriero dove costruire una casa, allevare piccoli animali da fattoria, coltivare la terra e vivere insieme. Ma per raggiungere il loro scopo devono mettere da parte parecchi soldi, cosa non facile per due braccianti stagionali senza fissa dimora nell’America degli anni Trenta.
Quando Steinbeck pensò alla realizzazione di quest’opera aveva in mente un soggetto teatrale e desiderava che la sua storia venisse compresa da più persone possibile. Questo desiderio lo portò a scegliere una scrittura immediata e semplice, ma non per questo banale, e quasi completamente priva di descrizioni. Uomini e topi è costellato di dialoghi, proprio come se fosse una sceneggiatura per il teatro, ma possiede l’incanto delle narrazioni meglio riuscite: quelle che riescono a sussurrare all’anima di chiunque le legga.
La magia di Steinbeck risiede proprio nella comunione di semplicità narrativa e stilistica, e nella capacità straordinaria di portare in scena un rapporto di amicizia incredibilmente profondo e di renderlo esclusivamente attraverso i dialoghi.
Questo romanzo emotivamente sconvolgente e profondamente poetico è un esempio di come la semplicità e la chiarezza, lungi dall’essere una nota negativa, si possa trasformare in un potente mezzo di comunicazione in grado di fare vibrare le corde di ogni lettore.
Il conte di Montecristo
Diametralmente opposto a Uomini e topi per stile e mole è, invece, il secondo romanzo che voglio sottoporre alla vostra attenzione. Mi riferisco a Il Conte di Montecristo di Alexandre Dumas, autore che non credo abbia bisogno di presentazioni.
I punti di forza di questo romanzo risiedono: nella trama articolata ed estremamente avvincente, nei colpi di scena, e nella magistrale costruzione dei personaggi, in particolare in quella di Edmond Dantès, il futuro conte di Montecristo.
Anche qui vi riassumo brevemente la storia (no spoiler): Siamo a Marsiglia, nel 1815, anno della restaurazione borbonica. Edmond Dantès è un giovane marinaio appena rientrato da un viaggio mercantile. La vita sembra sorridergli: stanno per promuoverlo a capitano e con i soldi in più potrà aiutare suo padre – che vive in una grave situazione di indigenza – e, inoltre, potrà finalmente sposare Mercedes la donna di cui è innamorato e a cui ha deciso di consacrare per sempre il suo cuore. Ma, proprio il giorno del suo matrimonio, prima che la cerimonia abbia luogo, viene arrestato con l’accusa di essere un agente bonapartista.
Seppur innocente, viene incarcerato nell’inespugnabile Castello d’If dove trascorrerà quattordici anni della sua vita, cercando di capire cosa sia successo e, una volta compreso, il modo di vendicarsi.
Non proseguo nel racconto per non togliervi il piacere di leggerlo, ma se volete che la scrittura narrativa faccia parte della vostra vita non potete assolutamente rinunciare alla lettura di questo romanzo. La trama ha uno sviluppo perfetto e viene scandita dall’ingresso dei diversi personaggi rappresentanti, di volta in volta, gli archetipi necessari per fare proseguire la storia nella giusta direzione (dedicherò un intero articolo all’importanza degli archetipi nelle storie).
Ciò che più colpisce, tuttavia, in questo romanzo dalla struttura narrativa impeccabile, è la magistrale costruzione dei personaggi. Leggendolo vi renderete conto che Montecristo non è solo un personaggio, ma è un uomo vivo che travalica le pagine del libro che avete tra le mani. E vi garantisco che, per molto tempo, avrete la sensazione di avere conosciuto un essere umano e non il protagonista di un romanzo. La capacità di Dumas (o quella del suo ghostwriter, ma questa è un’altra storia e se vi dovesse interessare ve la racconterò prossimamente! ;-)) di tracciare personaggi reali e vibranti si declina anche nei comprimari di Montecristo. L’abate Faria, mentore del giovane Edmond, apparirà ai vostri occhi come il padre spirituale con cui avrete sempre voluto confrontarvi, credenti o atei che siate, e la capacità di Noirtier – vecchio e totalmente paralizzato – di comunicare con la nipote Valentine attraverso lo sguardo vi sembrerà talmente vivida da credere di essere voi stessi a decodificare i suoi occhi celesti.
Potrei continuare all’infinito, citandovi passaggi chiave e personaggi, ma non voglio svelarvi altro, prima che lo leggiate. In futuro, se lo desiderate, potrei scrivere un articolo o, e forse sarebbe meglio, dedicare un video all’analisi del romanzo di Dumas per mostrarvi nel dettaglio la struttura narrativa e la costruzione e la trasformazione dei personaggi.
So che vi avevo promesso di parlarvi di quattro romanzi, ma oggi mi fermo qui e vi parlerò dei prossimi due la settimana prossima.
Nel frattempo, spero che troverete il tempo per iniziare a leggere uno di questi due romanzi, cosicché, prossimamente, potremmo parlarne insieme in modo più specifico, senza il rischio di rivelarvi in anticipo qualche colpo di scena imperdibile! 😉
Alla prossima!
Ambientato nella Francia della Restaurazione e della monarchia di Luigi Filippo, Il conte di Montecristo è la storia di un’ingiustizia subita, riscattata da una vendetta portata alle sue estreme conseguenze. È anche una storia di onnipotenza…
La storia di un’amicizia profonda tra due uomini, due braccianti stagionali in California che condividono un sogno. George Milton si occupa da sempre con ferma dolcezza di Lennie Small, un gigante con il cuore e la mente di un bambino…