Fino al 2017 pensavo di non essere particolarmente interessata alla fantascienza, perché ciò che avevo in mente era molto lontano dalla realtà. Credevo anche di non avere mai letto romanzi di quel genere, ma, ancora una volta, mi stavo sbagliando. 

Era estate, se non ricordo male – la stagione che più detesto, soprattutto da quando sono costretta a passarla nelle lande desolate della Lomellina, terra di afa e zanzare feroci – quando, inaspettatamente, mi ritrovai coinvolta in un progetto antologico dedicato alla fantascienza.

«Cosa sto facendo?» pensai con un certo smarrimento. «Perché ho detto di sì? Non so quasi nemmeno cosa sia la fantascienza, figuriamoci scrivere un racconto!». 

Tuttavia, non potevo tirarmi indietro e mi consolavo pensando che, tanto, il mio racconto sarebbe stato respinto dal curatore dell’antologia e che avrei potuto prendere quell’esperienza come un esercizio di stile. 

Per mesi non riuscii a scrivere nulla. Avevo un’idea che mi girava in testa, ma non sapevo da dove cominciare. Attesi. Poi a metà ottobre, a seguito di un problema di salute, mi ritrovai in ospedale per più di una settimana e, durante una delle lunghe veglie notturne, iniziai a scrivere qualche riga. Non era così male, dopotutto. La fantascienza mi apparve molto più interessante di quanto avessi pensato e mi accorsi, in breve tempo, di avere letto nell’arco della mia vita moltissimi romanzi e racconti riguardanti quel genere.

La fantascienza: un genere letterario di serie B?

Che la fantascienza fosse un genere letterario di serie B non era un concetto nuovo nella mia testa. Quando poi si proviene dal rigorosissimo mondo accademico, dove si studiano quasi esclusivamente i poeti laureati (concedetemi questa iperbole!) si inizia ad avere un atteggiamento di distacco nei confronti della letteratura “altra”. Ma poi, d’un tratto, mi ricordai che l’iniziatore del genere fantascientifico era uno dei classici più importanti della storia della letteratura inglese: Frankenstein. E fu proprio in quel momento che mi resi conto di avere letto moltissimi classici della fantascienza e che considerare la letteratura di fantascienza un genere “inferiore” era un errore imperdonabile, soprattutto nella nostra epoca.

Il realismo ha avuto nel corso della storia letteraria un’importanza fondamentale, ma, oggi, ciò che può descrive in modo efficace la nostra realtà è una narrativa estrema che esaspera e dilata le contraddizione del nostro mondo. Un mondo che non vive più di un’unica dimensione, ma che si frammenta e si scompone per mostrarci le sfaccettature di realtà “vere” e virtuali e di multiversi più o meno tangibili. Siamo immersi in una stratificazione di complessità e sovrastrutture dove il realismo diviene una forma totalmente inadeguata per rappresentare il luogo e le esperienze che viviamo.

Non solo: la fantascienza si regge su un passato letterario illustre. Senza scomodare gli antichi – anche se ci sarebbero esempi anche in quel senso – e partendo dalla proto-fantascienza citando come esempio su tutti Utopia di Tommaso Moro, si prosegue agilmente fino alle porte del gotico dove attraverso l’orrido, il diverso, l’ultraterreno si approda alla fantascienza, tramite il celeberrimo Frankenstein di Mary Shelley. Ciò che cambia, rispetto alla narrativa gotica, è il sostituirsi della scienza all’elemento soprannaturale.  

E la scienza, insieme alla tecnologia, diventa il fulcro di questa nuova modalità di raccontare le sfide dell’uomo e dell’ambiente in cui è inserito. 

Poe, Verne, Wells, Asimov, Huxley, Orwell – solo per citarne alcuni – sono tra gli esponenti più famosi della fantascienza e, al tempo stesso, sono autori classici.

Come avevo fatto a non rendermi conto di avere letto moltissimi libri fantascientifici? I racconti di Asimov, Il mondo nuovo di Huxley, 1984 di Orwell, Frankenstein erano tra i libri che più avevo amato. Davvero non avevo capito che si trattasse di fantascienza? 

In qualche modo non me n’ero accorta, perché ci si abitua, anche inconsciamente, a classificare la letteratura in “seria” e “di genere”. E viene insegnato che quella “di genere” è sempre di serie B. 

E se vi dicessi che Il conte di Montecristo è un romanzo di avventura? E che la Thérèse Raquin di Zola un giallo? 

Ho già scritto da qualche parte che – e molti critici illustri lo hanno detto prima di me– un classico è un libro che attraversa i secoli e che mantiene con il lettore un dialogo costante; in altre parole è un libro che ha sempre qualcosa di nuovo da dirci. Da nessuna parte si dice che il classico in questione non possa appartenere anche al genere fantascientifico o giallo o fantasy (pensate a Calvino, per esempio).

Il messaggio finale di questa apologia della fantascienza è semplice: non fermiamoci alle apparenze. Evitiamo i preconcetti. La letteratura, quella con la L maiuscola, si nasconde dietro ogni genere letterario. 

Gli esseri umani per mettere ordine al caos hanno bisogno di catalogare, incasellare, sistemare, etichettare. Lo facciamo negli archivi, nella società, con gli amici e anche con l’arte. Credo sia una necessità imprescindibile. Ma, essendo esseri razionali ed evoluti, possiamo anche arrivare a capire che le classificazioni e le etichette ci limitano. E sono convinta, perché ci sono passata per prima, che molti di voi, leggendo questo articolo, si saranno stupiti di essere lettori di fantascienza senza averlo mai sospettato. Di avere riletto Frankenstein e 1984 più volte, senza prendere mai in considerazione il fatto che stavano leggendo il capostipite della fantascienza e uno dei più interessanti romanzi distopici che siano mai stati scritti.  

Ora sono curiosa: quanti di voi credevano di non avere interesse nella fantascienza e si sono dovuti ricredere? 😉

Magari nel prossimo articolo, potrei parlarvi di come affrontare la scrittura di un racconto di fantascienza, stando attenti ad evitare le insidie e gli errori che si celano all’interno di una narrazione così complessa. 

Alla prossima! 🙂

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Capolavoro della letteratura gotica affermatosi con rara potenza nell’immaginario collettivo, dalla sua pubblicazione nel 1818 il romanzo di Mary Shelley non ha mai smesso di eccitare la fantasia di lettori e artisti di tutto il mondo. Opera fondamentale per lo sviluppo del genere horror e di quello fantascientifico, la storia del giovane Frankenstein che riesce a dar vita a una “creatura” assemblata con parti di cadaveri colpisce ancora oggi per l’attualità delle questioni affrontate, dalla sfida dell’uomo ai limiti posti dalla natura al desiderio di poter sfuggire alla morte. In questa edizione di pregio, il mondo perturbante del romanzo trova perfetta rappresentazione nelle visioni di Lynd Ward, tra i fondatori della graphic novel statunitense, definito dallo stesso Art Spiegelman “uno dei più eminenti e completi artisti americani”: le sue tavole, straordinarie per drammaticità e forza plastica, esaltano le atmosfere e gli scenari attraverso cui si svolge la folle caccia tra Frankenstein e il mostro, fissando in maniera indelebile la grandiosa visionarietà di un’opera immortale.