Ritorni a Itaca
Negli ultimi giorni mi sono ritrovata a voler fare due cose: scrivere e riprendere in mano il blog. Due attività, soprattutto la seconda, che avevo ormai abbandonato. Ecco perché ci ho messo più di quindici mesi per scrivere un nuovo articolo. Qui di seguito ti racconto alcuni dei motivi che mi hanno fatta sparire da questo spazio.
Un anno intenso
Per me è stato un anno denso di eventi e riflessioni: nella mia vita personale sono accadute cose che mi hanno portato a riflettere sulla vita e sul suo valore in modo ancora più attento; sul piano professionale ho rivalutato la mia posizione, decidendo di mettermi alla prova in un ambito che pensavo di essermi lasciata alle spalle definitivamente.
E mentre le mie nuove riflessioni prendevano forma, ho ripensato anche alla mia presenza sul web, giungendo a una conclusione limpidissima: il modo più naturale di esprimermi è attraverso la scrittura.
Amo la lentezza che la scrittura porta con sé, una parola alla volta, una lettera alla volta. E amo anche la possibilità di correggere, cancellare, ripensare, perché le parole che usiamo sono importanti e delineano il nostro pensiero e, conseguentemente, il nostro modo di essere, intendere la vita e le relazioni con gli altri.
L’allontanamento dai social e da bookstagram
Il mondo dei social non fa per me: scorre troppo veloce e io non riesco a stare al passo. Non perché mi manchino forme di organizzazione e strategie, semplicemente non mi piace quel ritmo. La mia vita, il mio modo di essere, il modo in cui voglio essere batte proprio un altro tempo. E sento il desiderio profondo di stare qui, nel mio tempo.
Lasciando andare le cose che non mi appartengono, è rinata in me la voglia di fare ciò che amo davvero. Fare spazio è stato catartico, liberatorio, a tratti magico, e mi ha restituito il doppio rispetto a quanto abbia abbandonato.
Il vero errore, all’inizio del mio progetto The Nerd Writer, è stato quello di guardare gli altri, di cercare di adeguarmi alle richieste di quel mondo che si chiama bookstagram, a cui non ho mai sentito di appartenere, ma che mi sembrava impossibile non frequentare parlando di libri.
Mi sono ritrovata in dinamiche distanti dal mio modo di intendere la letteratura e la scrittura, ma soprattutto di concepire le relazioni e il lavoro. Sono diplomatica e tendo alla mediazione per natura, ma su Instagram mi sono sentita, e mi sento, censurata e imbavagliata. Non dal mezzo in sé, ma da alcuni atteggiamenti che ho riscontrato negli anni.
Se esprimo un’opinione diversa da coloro che detengono una sorta di “verità costituita” sulla letteratura, sui libri, sulla scrittura o sulla lettura, inevitabilmente mi ritrovo messaggi privati carichi di critiche alla mia persona. Non al tema in questione di cui si parla, ma diretti a me. Certamente non mi offendo, ma li trovo fuori luogo e preferisco investire il mio tempo in altro modo, con persone che conoscono il significato della gentilezza e del rispetto.
Inoltre, c’è un altro punto che mi spinge ad allontanarmi da quel mondo: la convinzione, di molti, di essere degli esperti di letteratura solo perché sono in grado di leggere. A rischio di risultare antipatica e saccente dico tranquillamente che le cose non funzionano in questo modo. Così come la scienza non è democratica (cit.), per certi versi nemmeno la letteratura lo è. Non basta leggere cinquanta libri all’anno per essere degli esperti: ci vuole metodo e conoscenza che – generalmente – si acquisiscono con anni di studio universitari, gli stessi che servono ad altri per diventare ingegneri, avvocati o esperti di economia.
La letteratura, per essere compresa a fondo, richiede studio e dedizione costante, non basta leggere Proust per capire Proust. Questo non significa che leggere Proust non possa donare piacere, intensità o riflessioni profonde, ma da qui a credersi degli esperti o dei critici letterari…
Qualche novità
Mi rendo conto di avere assunto un tono polemico, ma dovevo proprio dire quello che, ormai da tempo, era chiaro e consolidato in me. Queste righe sono state un modo per liberarmi da un peso che mi impediva di fare quanto amavo di più. Voglio ancora parlare di libri e di scrittura, ma voglio farlo a modo mio, in uno spazio che mi appartiene, dove chiunque è il benvenuto, purché utilizzi modi gentili e rispettosi nei miei confronti e nei confronti degli altri utenti. Si può parlare di tutto, senza essere maleducati e offensivi.
Ho anche voglia di raccontarti un po’ meglio la mia esperienza universitaria che – tra lauree, dottorati e master – potrebbe tornare utile a qualche aspirante studente. E, infine, credo ti coinvolgerò anche nella mia nuovissima avventura: insegnare a scuola!
La vita è un continuo divenire e sono davvero curiosa di vedere cosa mi aspetta nei prossimi mesi! Spero di essere in tua compagnia nel mio nuovo viaggio e ti prometto di aggiornare il mio blog molto più spesso di quanto abbia fatto nell’ultimo anno!
A presto,
Sara
p.s. il titolo di questo articolo Ritorni a Itaca è stato il nome del mio primo blog. <3 Era un posto in cui mi sentivo a casa e che amavo molto, dove avevo avuto la fortuna di conoscere alcune persone molto carine. Oggi mi sento di essere tornata lì, a casa, alla mia Itaca.